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Il valore della Memoria e la costruzione di una coscienza civile
La memoria è un enorme magazzino all’interno del quale ciascuno di noi può conservare tracce della propria esperienza passata, cui attingere per riuscire ad affrontare con successo situazioni di vita presente e futura. “Un archivio che non ha caratteristiche statiche e passive ma che può essere definito come un costruttore attivo di rappresentazioni sul mondo”. In tal senso la memoria è considerata ricostruttiva e non riproduttiva nella sua modalità di funzionamento.
La memoria come luogo di incontro, di formazione, come mezzo di trasmissione dell’esperienza, come dimensione dinamica e generativa, non racchiusa su se stessa ma rivolta al futuro. Se “il futuro è una porta – per dirla con Victor Hugo – il passato è la chiave”. Ed è proprio conoscendo il passato, le proprie radici che è possibile definire la nostra identità e recuperare, riconoscendolo, il valore dell’appartenenza.
“La memoria a differenza del ricordo non rappresenta solo un’immagine di qualcosa che è stato, ma ne fissa nell’umanità l’idea, generando cultura, conoscenza e alimentando riflessione. La memoria fa sì che la storia narrata attraverso quell’idea non si ripeta. La volontà di un evento, di una riflessione collettiva dedicati alla memoria deve servire a tutti noi a ricordare che ogni volta che una persona viene discriminata o perseguitata a causa della propria identità, colore della pelle, vissuto, classe sociale, religione, orientamento sessuale o provenienza; quella storia si ripeterà. Anche se non dovrebbe ripetersi mai. Tutto questo non solo per ricordarci che l’essere umano ha la capacità di generare orrori ma che l’umanità ha la possibilità ogni giorno di abbandonare quella capacità. Emanciparsene. Far si che non si rigeneri. E può farlo tenendo assieme identità diverse e interdipendenti, soggettività differenti”. Può farlo accogliendo il prossimo. Abbattendo i muri dell’interesse personale e le velleità del suprematismo. Non arrogandosi mai il diritto di stabilire cosa è “normale” e cosa “superiore”.
Progettare per la Salute e per la Sicurezza sul lavoro
Progettare per la salute e la sicurezza significa affrontare in modo concreto e definitivo il tema della responsabilità. Salute e sicurezza sono il binomio che rappresenta i fattori ideali per la nostra esistenza e sono gli indicatori più efficaci del livello di civiltà di un Paese. Salute, sicurezza e benessere sui luoghi di lavoro, sono il risultato o forse meglio la naturale conseguenza di una progettazione attenta dei luoghi, dei gesti e delle competenze che non possono prescindere dal tema dell’insegnamento e della formazione professionale. “La formazione - come diceva Hans Jonas - assume un valore etico, una dimensione determinante per stare nella società”.
Questa attività riguarda l’adozione sistematica di modalità e di regole, soprattutto quelle della prevenzione e della protezione, indispensabili per evitare l'esposizione a rischi connessi all’esecuzione del lavoro, a tutti i livelli. Gli imprenditori hanno il dovere di affrontare responsabilmente questo aspetto.
“L’approvazione dell’Agenda 2030 ha rappresentato una evoluzione verso un approccio combinato, in cui tutti gli obiettivi tengono conto degli aspetti economici, sociali e ambientali e mirano a porre fine alla povertà, a restituire dignità alle persone e a preservare la natura e l’ambiente. Il Piano Nazionale di Prevenzione 2020-2025 rafforza quell’idea secondo la quale si considera la salute come il risultato di uno sviluppo armonico e sostenibile dell’essere umano, della natura e dell’ambiente (One Health) riconoscendo che la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi sono soggetti interconnessi. L'approccio One Health consente di affrontare la questione trasversale della biodiversità e della salute umana, il contrasto efficace all’antimicrobico-resistenza, e il contrasto alla diffusione di epidemie e pandemie. L’elemento strategico di innovazione del Piano sta nella scelta di sostenere il riorientamento di tutto il sistema della prevenzione verso un “approccio” di Promozione della Salute, rendendo quindi trasversale a tutti i macro-obiettivi lo sviluppo di strategie di empowerment e capacity building. Perché, dall’altro lato, se non creeremo connessioni e relazioni non riusciremo mai a sentirci parte di un gruppo. La partecipazione attiva è l’ingrediente fondamentale per aumentare l’esperienza di appartenenza.
La Gestione integrata dei Servizi nella nuova normalità
La gestione integrata dei servizi determina il livello di modernità di un sistema produttivo in un paese e in una comunità. Si tratta di una modalità esecutiva programmata e progettata nella quale vengono presi in considerazione più aspetti, in questo caso più servizi, contemporaneamente.
Il Facility Management ne è certamente una rappresentazione esemplare e completa.
Quella dell’erogazione coordinata di più servizi che, all’interno dello stesso luogo, concorrono al raggiungimento di un obbiettivo comune. L’esperienza della pandemia ha evidenziato in maniera evidente quanto i servizi di pulizia e di sanificazione erogati sia in ambito pubblico che privato abbiano contribuito al contenimento del contagio e al raggiungimento di condizioni di salubrità diffuse, rappresentando inequivocabilmente il bisogno di una profonda e diffusa analisi dei valori riferita a quelle che possiamo chiamare nuove priorità. Nel lavoro di oggi, le tecnologie e il digitale stanno aumentando l’autonomia organizzativa dei singoli lavoratori, ispirando aspettative di sempre maggiori gradi di autonomia. Inoltre, in tutti i luoghi di lavoro, si stanno riducendo le professioni generaliste. La “nuova normalità”, quella che considera l’esperienza della pandemia con il punto di ripartenza di un nuovo corso sociale, impone a tutti noi di intervenire in modo consapevole ed efficace nei luoghi della quotidianità per conservare e se possibile estendere i livelli di sicurezza conquistati.
Un’analisi sistemica puntuale del nuovo scenario, condivisa tra tutti gli operatori della filiera produttiva nel mondo dei servizi, consentirà di ridisegnare i confini delle nostre attività, di riorganizzare i processi operativi in relazione ai nuovi bisogni e di riposizionare ruoli, competenze e responsabilità in una condizione nuova, ancora sconosciuta a tutti noi, quella dell’incertezza.